La Rubrica online “Piazza Navona” inizia questa nuova settimana presentandovi “Il silenzio”, una raccolta di dieci racconti della scrittrice e violinista Sabina Moretti (Edizioni Dialoghi). Storie di “un gruppo di famiglia in un interno”, sempre diverse e ricche di colpi di scena. E non perdete l'”Incontro con l’Autrice”!
La trama
Il silenzio è una raccolta di dieci racconti scritti da Sabina Moretti uniti da un comune denominatore: la mancanza di comunicazione. O ancora, quel silenzio d’animo che a lungo trattenuto esplode quasi come una follia lasciando dietro di sé feriti, morti, detriti e uno spazio interno ed esterno da sé totalmente mutato. Donne, uomini, genitori, nonni… la famiglia è la vera protagonista di questa antologia. È in essa che si mettono in atto i drammi più cruenti e feroci. È ancora in essa che si nascondono i più truci e indicibili segreti. In fondo, come scrisse Alan Bennett: Ogni famiglia ha un segreto, e il segreto è che non è come le altre famiglie.
Sul libro
Nel dicembre 2020 le Edizioni Dialoghi pubblicano nella Collana “Intrecci” la raccolta di racconti dal titolo Il silenzio della scrittrice e violinista romana Sabina Moretti.
Inaspettato, La damigiana rossa, Io sono, tu sei, egli è, Il dubbio di Agnese, Brava a guidare, Storia del bambino serio, Scomparse, L’avvicinamento, Il cesellatore e Il silenzio.
Questi sono i titoli dei dieci racconti che compongono l’antologia di racconti di Sabina Moretti in cui l’Autrice traccia con un tratto netto e con colori densi, accesi e pastosi il ritratto di altrettante famiglie, di un gruppo di famiglia in un interno prendendo in prestito il titolo del film che Luchino Visconti ha diretto nel 1974.
Queste famiglie vengono raccontate in ogni loro sfaccettatura e, da luoghi di protezione per antonomasia, divengono luoghi (o non luoghi) occulti, oscuri, misteriosi, carichi di segreti, di sentimenti e di pensieri non detti. Spesso aberranti e inconfessabili. Da qui quel bisogno di silenzio per non esplodere, per autodifendersi, per (auto)salvarsi, per paura o timore di non farcela, di non sopravvivere. La famiglia, così, diviene teatro di drammi assoluti, di follie lasciando dietro di sé morti e incontri che non hanno eroi né eroine ma solo vittime.
Sabina Moretti crea con sapienza questi racconti costruendo per ognuno di essi un tessuto familiare, caratteriale e psicologico certosino, preciso, ricco di dettagli. L’Autrice non lascia nulla al caso accompagnando il Lettore alla scoperta di realtà (ri)create da cui non può restare indifferente.
Tutto questo è possibile grazie allo stile accattivante, sinuoso, armonioso dell’Autrice che pagina dopo pagina conquista il Lettore portandolo nel suo mondo e nel suo universo letterario. In particolare, è doveroso sottolineare la bravura della scrittrice nel creare i ritratti psicologici dei protagonisti di ciascun racconto. Ognuno di essi, infatti, risulta credibile, reale pur avendo una psiche assai disturbata e disconnessa con la realtà. Un impianto narrativo così preciso che non si fa fatica a immaginare le storie di queste famiglie trasformate in cortometraggi o come validi punti di partenza per delle funzionali sceneggiature.
Ma non è tutto. Sabina Moretti porta nei suoi racconti e nelle sue pagine la sua musica. Pagina dopo pagina il Lettore troverà davanti a sé non solo un insieme di parole utili a raccontare una realtà immaginata ma un vero e proprio spartito musicale. Questo lo riscontriamo durante la lettura quando tutti i racconti, pur con esito diverso l’uno dall’altro, mantengono un certo andamento che da piano diviene fortissimo sino al parossismo finale, in un climax ascendente che esplode. Sempre diverso, sempre d’impatto. In tal senso potremmo immaginare i racconti di Sabina Moretti come se ascoltassimo il celeberrimo Bolero di Maurice Ravel o anche il Concerto No. 2 in G minor, Op. 8, RV 315, tratto da L’estate di Antonio Vivaldi. Due Maestri diversi, due armonie tra loro lontane per tempo ed esecuzione, eppure entrambe riportano all’atmosfera così coinvolgente, agitata e viva che caratterizza ogni singola pagina de Il silenzio.
Forse, il Lettore più esigente potrebbe pensare che il “ripetersi” di questo “ritmo” possa essere deleterio per l’esperienza lettura. Al contrario. La arricchisce poiché, proprio come accade con la Musica, l’approccio non sarà mai lo stesso ma ciò che ne deriva non potrà mai deludere.
Tutto questo è raccolto e condensato ne Il silenzio dove la famiglia viene de-strutturata dalla potente forza di questo urlo senza voce. La famiglia è luogo di fatti e di misfatti dal Tempo dei Tempi e come Charles Dickens ha scritto nel suo romanzo David Copperfield: Capitano incidenti anche nelle migliori famiglie.
Incontro con l’Autrice
Come ha scoperto il suo interesse e la sua passione per la scrittura?
Scrivere racconti e romanzi mi è sempre apparso un atto misterioso e attraente. Quando sono riuscita a riorganizzare la mia vita, la famosa “stanza tutta per sé”, che per me ha significato prima di tutto spazio mentale e poi tempo della giornata, il desiderio si è imposto da solo. Il primo grado di desiderio è stato voler imparare gli strumenti narrativi e allora mi sono iscritta ad una Scuola di scrittura creativa. La Scuola Story Genius. Si è aperto un mondo, a me piace imparare e loro sono stati eccellenti nel soddisfare questa mia natura. Il secondo grado è stato affrontare la realizzazione di un romanzo. Non credevo di poter riuscire.
Come è nato il progetto editoriale de Il silenzio?
Dopo aver scritto, almeno in prima stesura, molti racconti mi sono chiesta, come fanno tutti gli scrittori di racconti, come nasce una raccolta. Una raccolta può avere varie modalità di realizzazione e io ho scelto quella di identificare una linea conduttrice comune ai racconti. Ho considerato gli argomenti che mi potevano interessare, ho raccolto due o tre racconti che avevo già redatto in prima stesura e ho fatto la mia scelta. In sostanza ho dato forma ad un argomento che sottilmente si stava creando dentro di me, l’ho portato alla luce, l’ho materializzato. Anche ora sto scrivendo una nuova raccolta su un argomento che mi interessa e ne ho un altro in mente che in futuro vorrei sviluppare. Mi piace moltissimo scrivere racconti, sono come quadri, immagini, scatti singoli, pezzi di bravura del violinista. Essere costretti in uno spazio piccolo, al contrario di un romanzo, e concentrarsi su un focus preciso mi appassiona.
A cosa è dovuta la scelta di questo titolo così evocativo?
Il progetto era narrare vicende di famiglie dove la comunicazione fosse bloccata, falsata, dove il non detto fosse la cifra comune. Il titolo in origine era un altro, ‘In crescendo’, che è un termine musicale. Un crescendo di tensioni sul punto focale comune. Quando ho terminato la raccolta ho capito che il titolo giusto era quello dell’ultimo racconto: Il silenzio. Ritengo che il silenzio raccolga in sé tutte le distorsioni, le distrofie, le patologie familiari e quindi delle mie narrazioni: il silenzio li rappresenta tutti.
I protagonisti della sua raccolta di racconti provengono da un ambiente familiare instabile, hanno tutti una psicologia e un vissuto assai complesso e profondo. In che modo è riuscita a creare dei caratteri, delle personalità e delle realtà così complesse e articolate?
La ringrazio per come descrive il mio lavoro! La sua domanda è molto difficile. Sinceramente non lo so. Posso fare delle ipotesi. Esperienza di vita, empatia, immaginazione, letture, eventi. Non saprei scegliere. Quello che so è che quando scrivo entro in un’altra dimensione, che è poi la mia preferita e certo collegata alla mia esperienza di violinista. Entro in un luogo e sono lì e da nessuna altra parte. Perdo il contatto con l’attualità e quel luogo diventa la mia realtà. Non so dirlo altrimenti.
Da cosa trae ispirazione per la costruzione dei suoi racconti e dei suoi personaggi?
Da fatti del tutto casuali, come una frase letta o ascoltata. Spesso si affacciano da soli nella mia mente o sto immaginando una storia e il personaggio si presenta seduto accanto a me. Nel mio secondo romanzo una mattina ho trovato i due personaggi accanto a me e con i loro nomi già definiti. E ho narrato la loro storia. A volte sono per strada e qualche cosa sollecita un’idea e la devo poi assolutamente scrivere, dargli una forma. Per esempio, il primo racconto della raccolta è nato così, durante il percorso del tram che mi porta a casa. Ero lì e nel breve tratto di quattro fermate ho immaginato la vicenda. L’ho scritta appena arrivata a casa, poi ho lavorato sulle rifiniture. Le rifiniture sono fondamentali, danno forma e sostanza all’idea e ai personaggi.
Qual è stata la parte più difficile che ha dovuto affrontare in fase di ideazione e stesura del testo?
Se stiamo parlando di un singolo racconto è stato Io sono, tu sei, egli è. La stesura passava da un presente a un passato e non riuscivo a risolvermi. In fase di editing finale ho operato la scelta, riscrivendolo tutto al presente e ho dato il ‘visto si stampi’. Se invece parliamo di fase creativa o di scelte di tagli da operare, sinceramente non lo so. Non ricordo difficoltà eccessive.
L’Artista Shaghayegh Sharafi ha creato delle immagini per ognuno dei dieci racconti che compongono Il silenzio. Può raccontarci di più in merito? Come è nata questa collaborazione?
Shaghayegh Sharafi è un’artista che conosco da tempo e che stimo molto. Shaghayegh è iraniana, ma vive in Italia da molti anni e penso abbia saputo amalgamare, fondere nella sua arte la cultura iraniana e quella italo-europea. Stavo progettando la presentazione del testo in un centro culturale a Roma e ho immaginato di illustrare i racconti e di organizzare una mostra in occasione della presentazione. Ho contattato Shagha e lei ha accolto la mia proposta, aveva letto i racconti e le erano piaciuti molto. Poi è arrivato il covid e tutto si è trasformato. Ora stiamo progettando altre modalità per far vivere la nostra iniziativa e pensiamo di proseguire la nostra collaborazione anche in futuro. Per chi fosse interessato segnalo il profilo instagram dell’Artista:
https://instagram.com/shaghayeghsharafi1?igshid=bkd8zr4r8bqb
Nel 2019 ha scritto il suo romanzo Zulu. Quale differenza ha riscontrato tra la stesura e la costruzione di un romanzo e quelle di un racconto?
Grazie per la domanda! Le differenze sono moltissime, almeno per me. Da allora ho scritto un altro romanzo, ancora in cerca di editore, e ne sto scrivendo un terzo. Mi permetta di utilizzare un paragone: un romanzo è come preparare l’esecuzione di un concerto per violino e orchestra – Beethoven, Brahms, insomma il repertorio violinistico solistico – e il racconto è il pezzo di bravura, a volte una sonata con pianoforte. Questo vuol dire che il progetto romanzo/concerto è più ampio, richiede maggior tenuta psico-fisica, una struttura più articolata e un desiderio di indagine più ampio. Non si tratta più di un focus unico, di uno scatto fotografico, ma di scoprire anche tutto quello che c’è intorno a quello scatto, di aprire lo zoom, di far vivere più personaggi con una coerenza che li contenga tutti. Esattamente come accade in un concerto solistico, dove orchestra e solista si confrontano assumendo ruoli differenti per poi riunirsi nel finale. Se vogliamo è anche un poco come scrivere un’opera lirica, dove c’è una storia, delle azioni, più personaggi, la musica che li caratterizza e li accompagna sempre, il balletto e le comparse. All’interno di queste differenze spaziali e temporali si muovono le possibilità di rifinitura e di articolazione della narrazione.
Lei è anche violinista. Scrittura e Musica: in che modo riesce a far comunicare queste due forme di espressione e d’Arte? E in quale, tra le due, sente di essere più libera di esprimersi?
Sì, sono una professionista di sessant’anni, ho scelto una professione ai miei tempi in Italia esclusivamente maschile ed è stato molto difficile, ma bellissimo. Certo lo rifarei. Credo che le due forme, scrittura e musica, comunichino tra loro in modo inconscio. Non sono in grado di definire con esattezza quando inizi l’una o finisca l’altra. Sono cinquant’anni che suono, violino e musica sono parte di me, ancora oggi non toccare lo strumento è fonte di disagio e fonte di piacere appeno lo prendo. Posso dire che un violinista professionista sviluppa una capacità di disciplina e di concentrazione molto simile a quella di un danzatore o di un atleta professionisti e certo questa capacità è transitata nella scrittura come parte di me. Altra esperienza legata al violino è saper vivere serenamente con i propri limiti e lavorare per spostarli un poco ogni giorno senza scoraggiarsi.
Ogni critica è ben venuta, tanto quanto un elogio. Nello specifico del rapporto con la Musica posso dire questo: la musica veicola emozioni e non pensieri razionali come la scrittura e quando ascolto musica o suono, spesso ho delle immagini e a volte anche dei sapori o delle sensazioni tattili, frutto di intensa emozione. Quando scrivo è molto probabile che si attivino le medesime esperienze, come dicevo prima entro in un’altra dimensione. Forse si può definire creatività. Non so in quale delle due mi sento più libera di esprimermi. Suonare il violino coinvolge il corpo e la mente, è una esperienza psico-dinamica completa legata alla proprio-percezione e al mondo delle emozioni e dell’ascolto. La scrittura non ha l’esperienza fisica, è tutta nella mente. Potrei dire che quando scrivo forse attivo il ‘violino immaginario’. Questa definizione è il titolo di un’appassionante ricerca didattica che ho svolto quasi trent’anni fa… empatia, immagini, emozione, gestualità, questi erano i temi.
Quali sono gli Autori e i libri che hanno formato il suo essere scrittrice e Lettrice?
Non lo so, sono troppi. Ho sempre letto molto: saggistica, romanzi, noir, fantascienza. Posso dire Marquez, Grass, McEwan, Saramago, Pamuk, Asimov, Dick, i sudamericani, i tedeschi, i paesi nordici, la mitologia e i classici greci, ho studiato al liceo classico e amo il greco antico. Potrei continuare.
Quali sono i suoi prossimi progetti editoriali?
Come ho accennato prima ho un romanzo dal titolo Il tempo del tamburo, in cerca di editore, un testo che ho amato scrivere. È nato dalla lettura di alcuni saggi, un aggiornamento antropologico che svolgo ogni qualche anno. Leggendo è nata un’idea che ha trovato una forma particolare e capisco che non sia facile per un editore accoglierla in una collana. Sto pensando che potrei pubblicare il romanzo tramite una delle piattaforme di auto publishing. Sarebbe una nuova esperienza e con Shaga abbiamo già ipotizzato una copertina per il libro. Non cerco la fama, io desidero comunicare, è per questo che suono, e penso di poter utilizzare liberamente ogni possibilità per farlo. Al momento sto realizzando una nuova raccolta di racconti dal titolo provvisorio I solitari e il terzo romanzo che si intitolerà Roma. Zero. Questo romanzo si muove in ambito distopico e mi sta appassionando, ma è veramente molto difficile da realizzare. È come il concerto per violino di Bela Bartok. O forse, meglio, la Sonata per violino solo dello stesso autore. La raccolta di racconti è a metà della sua realizzazione e spero di concluderla per l’inizio dell’estate.
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