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Letto per voi… “Ciò che è rimasto” di Marco Verrillo

La Rubrica online “Piazza Navona” vi presenta Ciò che è rimasto di Marco Verrillo (Scrivere Poesia Edizioni). Aforismi, micro racconti, poesie, prosa… per uno sguardo profondo sulla propria esistenza. E non perdete l’Incontro con l’Autore!

La trama

Marco Verrillo, “Ciò che è rimasto” (Scrivere Poesia Edizioni, 2023)

Poesia, versi, prosa, micro racconti, aforismi… Tutto questo si trova nelle circa cento pagine che compongono Ciò che è rimasto di Marco Verrillo. Uno spazio temporale aperto tra il 2021 e il 2023 in cui l’Autore racconta se stesso, i suoi sentimenti, approfondisce l’essenza di sé e di ciò che gli appartiene (come le sue radici campane). Una (ri)scoperta di sé che, come suggerisce il titolo, sembra strizzare l’occhio al passato e alla sua dolceamara nostalgia mentre, al contrario, si staglia in quel pacifico non-luogo del tempo sospeso che non ha età. Lì dove i sentimenti e i propri ricordi continuano a vivere per sempre senza ingrigire mai.

Sul libro

È il novembre 2023 quando Scrivere Poesia Edizioni di Pietro Fratta pubblica nella Collana “Ibrida” la raccolta poetica Ciò che è rimasto di Marco Verrillo. Non è errato definire tale opera una raccolta poetica anche se al suo interno compaiono aforismi, micro racconti, pensieri, versi, prosa… poiché tutto è animato dallo stesso intento poetico (appunto!) del suo Autore.

SP Scrivere Poesia Edizioni

Verrillo, infatti, condensa nelle cento pagine che animano Ciò che è rimasto schegge della propria esistenza che mette a nudo senza riserve e con estrema precisione e puntualità, proprio come testimoniano anche alcune date e gli orari riportati in chiusura di alcuni componimenti.

L’Autore realizza un vero e proprio monologo declinato in diversi stili e generi di scrittura senza mai snaturare l’intento più profondo: narrare attraverso se stesso le vicissitudini, la danza e i cambi di passo nonché di ritmo che la vita comporta. Soprattutto quando si parla di sentimenti. Verrillo propone al suo pubblico differenti e variegati modelli di lettura ma anche altrettanti pensieri da interpretare attraverso la riflessione su di sé.

Marco Verrillo, “Ciò che è rimasto” (Scrivere Poesia Edizioni, 2023)

L’intera struttura del volume è intessuta sul significato del verbo “restare” che, come ben indica l’Enciclopedia Treccani, si gioca sul filo del rasoio in bilico tra due sensi tra loro apparentemente antitetici. Infatti, se da un lato tale verbo significa “Fermarsi, arrestarsi, non procedere oltre” e “rimanere, seguitare a essere in un luogo dal quale altri vanno o sono andati via”, dall’altro vuol dire anche “Avanzare, esserci ancora, di cose o parti ancora disponibili a confronto di altre che siano state sottratte, consumate, ecc.”. Ed è proprio su questo sottile equilibrio che si procede alla lettura di Ciò che è rimasto da intendere come qualcosa che è ancora presente in noi ma anche come altro che ha saputo andare oltre e avanzare nel proprio cammino. Da qui lo scambio continuo con la vita, con quei suoi frenetici passi e ritmi cui si è accennato pocanzi.

Marco Verrillo, “Ciò che è rimasto” (Scrivere Poesia Edizioni, 2023)

Verrillo è stato molto bravo nel trovare questa generosa e sottile chiave di lettura, nel creare questo gioco in sospensione tra luogo- non luogo e spazio-non spazio. Ed è stato altrettanto bravo perché ha reso tutto questo con estrema semplicità e lasciandosi aiutare anche dal suo dialetto. Quest’ultimo offre a Ciò che è rimasto un tocco familiare, sa di radici e , quindi, di sicurezza, di sincerità e di autenticità.

È così che Autore e Lettore compiono il proprio viaggio all’interno di Ciò che rimasto. Insieme eppure divisi, autonomi e liberi l’uno dall’altro nel trovare i propri sensi, nel cercare le proprie sicurezze, nel sentire e trovare il proprio bisogno di rivelare la parte più intima di sé e le rivelazioni più nascoste e profonde del cuore.

Incontro con l’Autore

Come è avvenuto il suo primo incontro con la scrittura?

Marco Verrillo, “Ciò che è rimasto” (Scrivere Poesia Edizioni, 2023)

Per me la scrittura, l’arte per antonomasia, è un  principio, un archetipo. C’è, esiste, ontologicamente, al di là degli incontri, degli eventi.

Come è nato il progetto editoriale di Ciò che è rimasto?

Nella vita ci sono le cose che agogniamo, programmiamo e cerchiamo di costruire,  poi, inevitabilmente, ci sono le cose che accadono: questa raccolta è accaduta.

Perché ha scelto di dedicarsi in particolar modo alla poesia?

Perché sono pigro. La poesia è il modo più immediato e comodo per scrivere ed esorcizzare i miei pensieri. La poesia è la forma attraverso la quale mi viene naturale filtrare il mio quotidiano. Annientarmi e ricostruirmi. La poesia non mi ha ma tradito, è sincera sempre: mi ama quanto mio odia. È leale.

Per i componimenti raccolti in Ciò che è rimasto da chi e cosa ha tratto ispirazione?

Marco Verrillo, “Ciò che è rimasto” (Scrivere Poesia Edizioni, 2023)

Dalla somma (o dalla differenza) di tutto ciò che è accaduto. Compresi i miei quattro libri precedenti. Ho voluto esprimere cosa avviene dentro me poco prima di scrivere una poesia: avviene il vissuto, sviscerato, raccontato. Vissuto.

Quali sono gli Autori e le opere che hanno formato il suo essere scrittore e lettore?

Tanti, troppi. Se proprio devo citarne uno direi Fernando Pessoa.

Come definirebbe il suo stile poetico e di scrittura?

Colloquiale. Sintetico. Empirista.

Nelle sue poesie molto spesso compare l’uso del dialetto napoletano. Quanto sono importanti le sue radici e quanto hanno influenzato o influenzano la sua scrittura?

Marco Verrillo, “Ciò che è rimasto” (Scrivere Poesia Edizioni, 2023)

Credo sicuramente che esista un’eredità culturale, sociale e fisica. Ma credo, anche e soprattutto, un’eredità spirituale, dell’anima. Napoli rappresenta la ricchezza multiculturale e multiculturale, esoterica ed essoterica, che solo chi nasce e cresce in questo variegato di sentimenti, rocce incandescenti e acqua possa ereditare. Io ragiono, penso, parlo e interagisco in napoletano. È un principio. La mia grande ricchezza, però, è conoscere due lingue meravigliose che mi permettono di “fare arte” e attraversarla proprio grazie all’uso della parola, della lingua: italiano e napoletano. Non c’è differenza, c’è solo la grandezza di poter usare questo mio filtro corporeo di carne e arti per creare, dire, fare, proprio grazie alle parole. Nelle parole.

In Ciò che è rimasto compare spesso la parola “solitudine”. Lei che rapporto ha con la solitudine?

Marco Verrillo, “Ciò che è rimasto” (Scrivere Poesia Edizioni, 2023)

Ci sono essere umani solitari ed essere umani in solitudine. La mia è melanconia. È una nostalgia di me stesso, che mi induce, quando ne ho necessità, di ritrovarmi nel silenzio, fuori dalla calca del mondo. Nel mio mondo, dove ci sta “nu cuofan ‘e burdell”.

Ciò che è rimasto è un viaggio all’interno del proprio sé, una presa di coscienza e anche di consapevolezza di ciò che si è e… di ciò che è rimasto. Quanto è stato difficile esporsi e andare così nell’intimo del proprio animo?

Nessuna. Questa raccolta è nata una goccia alla volta. Come la goccia del lavandino della cantina che  perde da anni e non riusciamo a riparare. Quella goccia che non dovrebbe uscire. Quella goccia disfunzionale, ma che piano piano riempie l’annaffiatoio di plastica di quattro litri che usiamo per irrigare le piante del giardino. Insomma, un grande difetto che è divenuto forma di nuove possibilità. Un’occasione. 

Marco Verrillo, “Ciò che è rimasto” (Scrivere Poesia Edizioni, 2023)

Quali sono i suoi prossimi progetti editoriali?

Racconti brevi dove Marchè (nomignolo partenopeo per appellarmi) emerge sempre più nella veste di narratore di storie. Questo grande filtro di carne che ha voglia di dire, raccontare. Continuare ad esistere.

Un grande abbraccio a tutti.

 

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