La Rubrica online “Piazza Navona” vi presenta le opere e gli Autori finalisti del Premio Letterario Nazionale “EquiLibri” Edizione 2019: Mariagiovanna Grifi e il suo libro “Chiamatemi Paola Riccora” (Il Mondo di Suk). Non perdete l'”Incontro con l’Autrice”!
La trama
Napoli. Emilia Vaglio, in arte Paola Riccora, è la drammaturga napoletana che il giornalista e scrittore Vittorio Paliotti ha definito la donna che lanciò Eduardo. Sposata con l’avvocato Caro Capriolo, fondatore della SIAE a Napoli, Paola Riccora si divide tra teatro, cinema e la famiglia senza mai far venir meno la sua presenza e senza mai perdere la sua integrità di donna, professionista, moglie e madre. Chiamatemi Paola Riccora è il ricordo e l’omaggio di Mariagiovanna Grifi alla donna – di cui è diretta discendente – che ha lottato e combattuto per far riconoscere la sua arte, il suo talento e la sua scrittura. Paola Riccora, stimata da Luigi Pirandello, Renato Simoni e Matilde Serao, ha scritto testi interpretati e portati in scena da alcuni degli attori più noti e apprezzati del Novecento: dai fratelli De Filippo a Dina Galli, da Ettore Petrolini a Paola Borboni. Chiamatemi Paola Riccora ci aiuta a ricordare e a conoscere chi ha contribuito a rendere grande il nostro Teatro… un viaggio nella nostra memoria e nelle nostra Storia sempre più offuscate dalla polvere del Tempo.
Sul libro
Mariagiovanna Grifi, Dottore di ricerca in storia dello spettacolo e critica teatrale, a seguito della Tesi di Laurea discussa nel 2004, pubblica dodici anni dopo (2016) per la Casa Editrice napoletana Il Mondo di Suk il libro dal titolo Chiamatemi Paola Riccora. Come una signora dell’alta borghesia napoletana diventò commediografa di successo. L’Autrice con questo suo testo realizza un autentico e affettuoso omaggio e un reale tributo a quel mondo le cui immagini e parole sono scritte sull’acqua quale è il Teatro. Ma anche molto di più. Mariagiovanna Grifi, infatti, è diretta discendente di Paola Riccora, al secolo Emilia Vaglio. Il suo lavoro, così, diviene una vera e propria operazione di recupero della memoria storica non solo del Teatro italiano ma anche ricostruzione di una parte di Storia femminile del nostro Paese. Non dobbiamo dimenticare, infatti, che Paola Riccora ha firmato molte sue commedie con lo pseudonimo di Paolo Riccora.
Inoltre, la drammaturga era sposata con un avvocato all’epoca molto noto e stimato e il fatto che si dedicasse alla scrittura di testi per il cinema e per il teatro non veniva ben visto dai benpensanti della borghesia napoletana (e non solo). Moglie. Madre. Compagna. Scrittrice. Sceneggiatrice. Paola Riccora è stato tutto questo senza mai dover rinunciare a nulla e, soprattutto, mantenendo intatti sempre la sua integrità morale e il suo profondo amore e rispetto per la famiglia. Una donna felice, completa e soddisfatta. Questo è il ritratto che Mariagiovanna Grifi offre ai suoi lettori.
Un ricordo autentico, appassionato e passionale di una donna ingiustamente dimenticata o sottovalutata dagli storici e anche dagli “addetti ai lavori”. L’Autrice, così, con la sua scrittura puntuale, precisa, affettuosa ma anche adeguatamente analitica e distaccata riporta alla memoria una figura artistica così importante e unica. Per il suo scrivere e per il suo essere. Un esempio ieri e oggi.
Chiamatemi Paola Riccora, infatti, viene pubblicato a quarant’anni dalla scomparsa di Emilia Vaglio. E Mariagiovanna Grifi attraverso il suo libro riesce a (ri)portare (al)la luce e a dare il giusto e meritato lustro a una drammaturga e, soprattutto, a una donna che ha contribuito a rendere ancor più grandi e indimenticabili alcune pagine e alcuni volti del nostro Teatro.
Inoltre, grazie anche al supporto e all’ausilio di documenti inediti e privati contribuisce a riportare un po’ di ordine precisando meriti, nomi, date, soddisfazioni. La più grande, forse, la richiesta da parte dei tre celeberrimi e amatissimi fratelli De Filippo (Titina, Eduardo e Peppino) di scrivere un testo per loro.
Perciò alla giovane e talentuosa Autrice va il merito e il plauso di aver affrontato a tu per tu la Storia del nostro Teatro e di aver permesso di conoscere e far ricordare una grande donna del nostro Spettacolo. Al di là del Tempo ricordandoci ancora una volta quanto sia necessario il valore della memoria. Perché è la nostra Storia. E come recita una celebre canzone di Francesco De Gregori… La Storia siamo noi.
Incontro con l’Autrice
In che modo è avvenuto il suo primo incontro con la scrittura?
Non saprei… da che ho ricordi ho sempre amato scrivere. La mia maestra delle elementari era solita correggere i temi tutti insieme in classe per individuare gli errori e imparare da essi, era un’attività che mi divertiva tantissimo, infatti spesso il pomeriggio giocavo “a maestra” con le mie amichette e fingevo di correggere testi scritti. La maestra diceva sempre a mia madre che scrivevo dei temi bellissimi… addirittura le fece leggere il mio tema di quinta elementare, di nascosto ovviamente, perché era risultato uno dei migliori della scuola. Purtroppo alle medie e al liceo nessuno mi ha più incentivato a scrivere (ero convinta che la mia maestra mi volesse troppo bene e che non fosse obiettiva), così a scuola ottenevo risultati al limite della sufficienza… ma tutta l’adolescenza l’ho passata a scrivere, ogni giorno, ininterrottamente. Non era solo un diario segreto, erano “memorie”, stavo molto attenta alla forma e all’impatto emotivo, correggevo più volte se non mi convinceva il modo in cui le avevo scritte. Le mie migliori amiche spesso si facevano prestare i miei diari, come fosse un romanzo (e così ne ho anche persi tanti…). Al liceo scrissi un “romanzo” e ne iniziai un secondo, rimasto incompleto. Il primo l’ho perso, sono sicura di averlo prestato a un’amica che non me l’ha più ridato indietro. Durante l’Università non ho abbandonato la mia passione, ho seguito diversi laboratori di scrittura ma ero troppo insicura.
Pensavo fossero “storielle” senza futuro, ritenevo che il mio linguaggio fosse troppo “semplice” e quindi poco letterario. In quel periodo volevo fare teatro, frequentavo un laboratorio e il mio maestro di recitazione mi diceva sempre: “tu devi scrivere”. Gli era capitato di leggere qualcosa che avevo scritto, nulla di che, ma ne era rimasto affascinato. Allora ci rimasi male, perché volevo fare l’attrice, non la scrittrice. Ma aveva ragione. Nella scrittura io riuscivo a esprimere qualsiasi cosa con grande naturalezza. E con il tempo ho capito che la semplicità non era un difetto (in parte me l’ha insegnato anche la lezione di Calvino sulla “leggerezza”). Ho continuato, e continuo tuttora, a seguire laboratori di scrittura in cui produco racconti o monologhi che poi tengo per me. Ricevo riconoscimenti positivi dai miei insegnanti, e… penso spesso di dare a questi testi una forma editoriale e di proporli per la pubblicazione. Ma… credo che a volte la scrittura sia davvero un’esigenza, una sorta di psicoterapia… magari arriverà il giorno in cui mi sentirò pronta per pubblicare anche queste altre opere.
Come è nato il progetto editoriale di Chiamatemi Paola Riccora?
Questo libro ha una lunga gestazione. E mi fa sorridere ripensarci, ripensare a quanto poco peso ho dato, in origine, a Paola Riccora. Quando ho scelto di scrivere la mia tesi di laurea in storia del teatro ero affascinata da tantissime cose… la mia relatrice scoprì che ero nipote di Paola Riccora e me lo disse subito che era un’autrice inedita e interessantissima (tra l’altro era, ed è, una delle poche esperte di teatro che la conosceva). Ma, in verità, io non volevo parlare di una mia parente! La trovavo una cosa… squallida. Così ho preparato una tesi sul rapporto tra drammaturgia e messinscena, prendendo ad esempio alcuni autori napoletani del Novecento… tra cui anche Paola Riccora. Le ho – diciamo – regalato un posticino, una piccola parte. Forse solo per accontentare la professoressa! Durante quei mesi del 2004/2005, però, ho scoperto un tesoro. Qualcosa di inimmaginabile. Sapevo che, dopo la laurea, avrei dovuto approfondire… a quel punto me ne ero resa conto anche io!
Paola Riccora era la moglie di Caro Capriolo, fondatore della SIAE per il Mezzogiorno e la Sicilia, ed era la madre di Gino Capriolo, direttore della SIAE di Napoli morto prematuramente nel 1957. Nel 1959 i genitori donarono un’intera biblioteca teatrale alla SIAE di Napoli a lui intestata. La Biblioteca Teatrale Gino Capriolo è stata inaugurata solo 50 anni dopo, nel 2009. Fu proprio in quell’occasione che Donatella Gallone, giornalista e direttrice di «Ilmondodisuk» (portale, magazine online e casa editrice), volle indagare su Paola Riccora e, rimanendone oltremodo affascinata mi chiese di scrivere un libro su di lei – con grande generosità a mio avviso. L’ho trovato un gesto meraviglioso perché era sicuramente più preparata di me a compiere un’operazione del genere ma ritenne giusto dare notorietà alle mie ricerche, accordandomi una fiducia “gratuita” dato che non avevo mai scritto un libro. Le bastò leggere il capitolo della mia tesi di laurea dedicato a questa autrice per incentivarmi ad ampliarlo per farne un libro. Non solo. Mi suggerì di scrivere un testo che potesse essere fruibile a tutti, non solo agli addetti ai lavori. Al tempo avevo appena finito il dottorato di ricerca in storia dello spettacolo e rischiavo di scrivere un saggio accademico utile solo per i ricercatori di storia del teatro. Invece no: dovevo scrivere un saggio-romanzo affinché tutti potessero conoscere la storia di Paola Riccora, anzi… la storia di Emilia Vaglio!
Chiamatemi Paola Riccora è anche un omaggio alla sua famiglia: può raccontarci di più in merito?
Come ho già detto, ci ho messo tempo per dare valore a Paola Riccora. In famiglia mi avevano parlato tanto di questa mia trisavola, la nonna di mia nonna materna, che si “dilettava” a scrivere di teatro e i cui testi erano stati messi in scena addirittura da Eduardo. Di lei conoscevo il temperamento e gli aneddoti familiari, ma nessuno nella mia famiglia mi aveva mai fatto comprendere il peso che questa donna avesse avuto nella storia del teatro. I fratelli De Filippo sono solo alcuni degli innumerevoli interpreti delle sue commedie, tra cui i fratelli Di Napoli, Novelli, Petrolini, Macario, Viviani, Bella Starace, Dina Galli, Paola Borboni e tanti altri… Quando aprii il baule conservato a casa di mia zia trovai articoli scritti dai critici più importanti dell’epoca e pubblicati nei quotidiani italiani principali. Non ci misi tanto a rendermi conto che mi ero sbagliata: non era solo una questione di famiglia! Emilia Vaglio (vero nome di Paola Riccora) era stata una drammaturga di successo e i miei parenti non ne erano realmente coscienti. Il mio libro è stato anche un modo per far loro conoscere la vera nonna Emilia e molti ne sono rimasti meravigliati. Ogni volta che presento il libro provo una gioia infinita nel vederli commuoversi, me lo ripetono sempre che senza di me la nonna sarebbe stata dimenticata. Era un dovere. Quando ho avuto difficoltà ad iniziare a scrivere ho pensato questo: non potevo limitarmi al lavoro di ricerca, bisognava che raccontassi di lei anche con il cuore. Pur non avendola conosciuta di persona, ora la sento molto vicina e sono fiera di essere sua nipote.
Paola Riccora è stata molto importante nella Storia del nostro Teatro nonché una donna assai emancipata e moderna per la sua epoca. Oggi quale eredità ha lasciato Paola Riccora?
Credo che Paola Riccora abbia subito l’ingiustizia di molte altre donne, anzi forse lei è stata anche fortunata in qualche modo. Tutta la storia dell’umanità andrebbe riscritta al femminile. Oggi sappiamo che da sempre le donne hanno prodotto in tutti gli ambiti del sapere e dell’arte, ma a scuola si studiano per lo più i “geni” maschili. Fortunatamente gli studi sulle donne hanno riportato alla luce tantissimi personaggi importanti, adesso sarebbe giunto il momento di inserirli nei manuali scolastici e nelle enciclopedie. So che non è un’operazione facile, ma si dovrà pur iniziare!
Dicevo che Paola Riccora è stata in parte fortunata perché veniva da una buona famiglia che le ha tenuto aperta la strada, aveva accanto un marito “all’avanguardia” che l’ha spinta a proseguire nella sua carriera drammaturgica e, anzi, le ha trovato tantissimi contatti utili grazie al suo lavoro come “avvocato degli attori”. Paola Riccora deve essere un simbolo. Rappresenta tutte le grandi donne della storia che, nonostante le discriminazioni di genere, si sono potute realizzare nel campo che amavano e tutte le scrittrici che hanno saputo guardare avanti, affrontando anche tematiche che meno si addicevano al “gentil sesso”. Non era certo una femminista nel vero senso della parola, ma in modo inconsapevole ha anticipato il movimento femminista. Mi vengono sempre in mente alcuni incontri che l’hanno vista protagonista, come per esempio i festeggiamenti per il premio per la fedeltà al teatro ricevuto dal Ministero del Turismo e dello Spettacolo nel 1964 che si svolsero nella sede della FIDAPA (Federazione italiana donne artiste professioniste). La immagino lì a parlare a un corposo gruppo di donne incitandole a seguire sogni e talenti, pur onorando il loro ruolo di madri e mogli. Perché a questo Emilia ha sempre tenuto molto: il suo lavoro non le ha mai precluso la possibilità di dedicarsi totalmente alla famiglia. Ecco, a parte le sue opere che naturalmente ci restano in eredità, io vorrei che lei fosse di stimolo a recuperare la storia delle donne.
Come spesso purtroppo accade la memoria diventa fragile e labile. In che modo oggi meriterebbe di essere ricordata e omaggiata Paola Riccora?
La memoria di un artista rimane immortale quando un pubblico può godere delle sue opere. Il mio impegno a rendere nota la sua storia con questo libro è solo un punto di partenza. Affinché Paola Riccora possa continuare a vivere ha bisogno di essere letta e rappresentata! È necessario che le sue opere siano rese note in ambiti universitari e culturali e che vengano rappresentate a teatro. Devo dire che, fuori da ogni previsione, un primo passo importantissimo in questa direzione è stato fatto: l’attore e regista Vincenzo De Caro (napoletano, ma oramai a Firenze da tanti anni), dopo aver letto il mio libro, ha deciso di portare in scena le commedie di Paola Riccora. Oltre ad accompagnarmi insieme ai suoi attori in questo mio progetto di recupero della memoria storico-teatrale, ha messo in scena a Firenze Fine mese (scritto per Raffaele Viviani) e Sarà stato Giovannino (scritto per i De Filippo). Se non ci fosse stata l’emergenza sanitaria adesso ne avrebbe portate in scena altre due, ma sappiamo che da marzo 2020 il teatro è praticamente fermo. Vorrei che questi bellissimi spettacoli potessero trovare anche altre ospitalità, fuori da Firenze e – perché negare il mio desiderio più grande – soprattutto a Napoli. Paola Riccora è tornata in scena nel 2018… ma io credo che per lei sarebbe meraviglioso poter tornare alla ribalta nella sua città! Così come il modo migliore per ricordarla e omaggiarla sarebbe quello di recuperare i suoi testi (sono davvero tantissimi e per lo più sconosciuti); purtroppo i pochi che la conoscono hanno letto le sue riduzioni dalle pochade, primi piccoli esperimenti drammaturgici della sua carriera, ma nessuno conosce le sue opere originali, rimaste praticamente inedite. A casa della mia famiglia a Napoli sono conservati tutti i testi, molti dei quali solo manoscritti. Il mio è un invito a tutti i registi e gli attori teatrali di poterli consultare. E se non dovessero piacere, almeno avrebbero fatto la conoscenza di una grandissima “signora del teatro”, è così che fu ricordata dai giornali alla sua morte nel 1976.
Da studiosa e da donna: quale insegnamento ha ottenuto lavorando alla scoperta della sua Paola Riccora?
Penso di averlo già detto in qualche modo: riscoprire il mondo della cultura al femminile. Dopo Paola Riccora, ho approfondito la storia di tante altre donne. In primis nel teatro, studiando le comiche dell’arte del Cinquecento e del Seicento, donne estremamente colte e intraprendenti che spesso prendevano le redini di importanti compagnie (come quelle dei Farnese), che traducevano e riadattavano le commedie spagnole e che avevano corrispondenza diretta con i monarchi. Poi le scrittrici, le filosofe, le scienziate… tasselli mancanti di una storia che arriva fino ai nostri giorni. Come insegnante delle superiori, appena posso cerco di sensibilizzare le nuove generazioni ad andare oltre i manuali e scoprire tutto ciò che è celato, come queste figure femminili che hanno davvero avuto un posto di primo piano e che, poi, sono state ingiustamente “cancellate”. Ma per fortuna la storia lascia le sue tracce e i bravi ricercatori le hanno ritrovate. Un altro insegnamento è di non essere superficiale. A volte una ricerca può apparire inutile, priva di fondamento, e poi rivelarsi un tesoro. Quando ho cominciato a indagare su Emilia/Paola pensavo di trovare solo “scartoffie”, ricordi di famiglia. E invece… ho scoperto un personaggio interessante da tanti punti di vista.
La sua passione e il suo impegno artistico e teatrale quanto hanno influito nella nascita e nello sviluppo del suo romanzo?
Tantissimo. Penso che ogni mia esperienza ha condotto a questo lavoro. E penso anche che se si è materializzato solo nel 2016 è proprio perché avevo bisogno delle basi per poterlo scrivere. I laboratori di teatro e la mia attività di critico teatrale mi hanno permesso di conoscere il teatro da dentro, di viverlo e di sperimentare i vari ruoli al fine di poterne parlare con cognizione. I corsi di scrittura creativa e il dottorato in storia del teatro mi hanno arricchito nella tecnica perché sicuramente la mia era una scrittura acerba, avevo bisogno di imparare, di apprendere meglio il “mestiere della scrittura”. E poi la passione. Quella muove ogni cosa. Nel mio caso, muove tutto. Insegno perché amo insegnare. Mi occupo di teatro perché amo il teatro. Scrivo perché non ne posso fare a meno. Non riesco a immaginare di fare qualcosa nella mia vita senza passione.
Quali sono le difficoltà che ha riscontrato nella stesura di Chiamatemi Paola Riccora e nella realizzazione delle sue ricerche?
Le difficoltà sono sempre tante quando si fa ricerca. Ci sono sempre dei vuoti che non sai come riempire e non è detto che li riempirai mai. I documenti e le fonti non rispondono a tutte le tue esigenze di ricerca, restano alcuni eventi solo accennati della vita di Paola Riccora che avrei voluto approfondire ma non ne ho avuto la possibilità, oppure opere di cui si fa menzione in alcuni articoli ma di cui non ho trovato gli originali. Quando si fa ricerca bisogna accettare questa condizione e trovare il modo di raccontare i fatti, seppur frammentari, senza inventare e cercando di essere comunque esaurienti. Penso che sia possibile solo grazie alla capacità di scrittura, come fanno i bravi giornalisti. Per la stesura del romanzo, la difficoltà più grande è stata iniziare. La seconda: trovare il giusto mezzo tra saggio (con le dovute informazioni paratestuali che ho scelto di mettere solo in nota) e romanzo. Fino all’ultimo ho avuto dei dubbi, a volte mi sentivo troppo didascalica, altre troppo “frivola”. Senza persone di un certo intelletto pronte a leggere i miei scritti e a commentarli insieme dandomi meravigliosi suggerimenti non ce l’avrei mai fatta. La regola della mia vita è “fare rete”, collaborare, credo che nessun buon risultato si possa raggiungere completamente da soli.
Con Chiamatemi Paola Riccora ha ottenuto il quinto posto nella sezione “Romanzo” del Premio Letterario Nazionale “EquiLibri” Edizione 2019 con la seguente motivazione:
Mariagiovanna Grifi attraverso la sua opera rende il giusto omaggio alla sua discendente Emilia Vaglio alias Paola Riccora ovvero alla donna che portò al grande successo i celebri fratelli De Filippo. Scrittrice, commediografa (in lingua italiana e dialetto napoletano), poetessa, autrice di operette… Donna ammirata da Luigi Pirandello, Raffaele Viviani, Beniamino Gigli… L’Autrice con affetto e spirito critico ci accompagna, attraverso una scrittura semplice niente affatto accademica ma appassionata e felice, alla scoperta di questa donna togliendole – finalmente – quel velo di polvere che il Tempo (troppo) spesso porta con sé. La vita di un’Artista ma anche di una moglie e madre dell’alta borghesia napoletana del secolo scorso che ha reso la sua famiglia complice del suo lavoro e del mistero sulla sua identità rivelata solo in un secondo momento.
Cosa ha significato per lei e per il suo lavoro ottenere tale riconoscimento?
Non me lo aspettavo. Ho scritto un solo libro. E ho partecipato a un solo premio. Quando qualcuno mi chiama “scrittrice” io sorrido sempre. Scrivo da quando avevo 8 anni incessantemente. Ho scatoloni interi pieni di cose scritte da me. Ma non ho mai avuto il coraggio di pubblicarne una. Sono giornalista pubblicista, collaboro con diverse testate online, ormai dirigo tanti laboratori di scrittura creativa sia privatamente che nelle scuole… Insomma: la scrittura è parte fondante della mia vita, lo so. E oggi, a 40 anni, finalmente ho acquisito la sicurezza di poter dire che scrivo bene, che effettivamente me la cavo. È stata dura prenderne coscienza, davvero.
Anche quando ho pubblicato il libro e la gente mi faceva i complimenti, nella mia testa compariva sempre la vocina: “vogliono solo essere gentili” “ricordati che scrivi in modo troppo semplice”. Adesso basta. Adesso a quella vocina dico: “alle persone piace la scrittura semplice e asciutta!” “sono in grado di giocare con le parole e produrre il tipo di testo che più mi aggrada, questo è uno dei miei talenti”. Ottenere questo quinto posto è stata una conferma. Non devo più sminuirmi. Lo dico a me e lo dico a tutti coloro che hanno un talento, una passione, qualcosa che riescono a fare bene e in modo spontaneo: producete, lavorate, mostrate al mondo quanto siete bravi. Non sprecate tutto il tempo che ho sprecato io a conservare racconti in degli scatoloni!
Quali sono i suoi prossimi impegni professionali ed editoriali?
Beh… adesso sono concentrata sulla scuola. La didattica a distanza è molto impegnativa, devi fare tantissime attività in più, oltre le video lezioni, per compensare la mancanza del contatto diretto con gli alunni. Inoltre, sto studiando perché devo partecipare al concorso per il ruolo… insegno da 9 anni, ma sono ancora precaria! Dopo questo periodo, però, ho due progetti (cioè ne ho tantissimi di più, ma ve ne dico solo due, quelli più imminenti):
Voglio prendere la seconda laurea in Lettere. Sono laureata in Scienze dell’educazione, insegno scienze umane e filosofia, ma desidero studiare la letteratura perché mi rendo conto di avere troppe lacune. Il teatro mi ha permesso di leggere tantissimi autori teatrali e non, ma non basta. Non mi basta! Voglio arricchire la mia conoscenza letteraria e lo voglio fare con competenza, da sola non ce la farei, voglio riempire i vuoti!
Dopo la pubblicazione del mio libro su Paola Riccora sono spuntati fuori nuovi documenti. Lo so, è una dichiarazione da film, ma è vera! L’anno scorso mia zia mi ha portato a casa delle buste enormi che aveva trovato nascoste da suo fratello. Beh: sono centinaia di lettere indirizzate a Paola Riccora da… tutti! Scrittori, giornalisti, attori, registi… giuro: tutti! Nell’altra busta? Centinaia di foto, di Paola Riccora con personaggi importanti… e… foto autografate da… tanti tanti artisti. Quando ho visto tutto questo materiale ho pianto! Vorrei analizzarlo, sistemarlo, selezionare i documenti più interessanti (soprattutto trascrivere le lettere) e farne un nuovo libro. So che ci vorrà tempo. Ma prima o poi… uscirà… e vi terrò aggiornati!
…E noi della Rubrica online “Piazza Navona” naturalmente attendiamo con interesse!!! E torneremo certamente a parlare di Paola Riccora!
Qui di seguito troverete il video della Cerimonia di Premiazione del Premio Letterario Nazionale “EquiLibri” Edizione 2019 tenutasi lo scorso 25 gennaio nel Salone di Rappresentanza presso il Palazzo di Città di Cava de’ Tirreni (Sa) – Riprese e montaggio di Alberto Accarino.